Il senatore Giampiero Dalla Zuanna, demografo, ha osservato che il libro, seppure a più voci, mantiene una sua unità: si legge sia come manuale di azione sia come viaggio sentimentale. La lunga storia di amicizia di Sant’Egidio con gli anziani è esperienza, che un passo alla volta è divenuta scienza, che si è nutrita del dialogo e della fede.
Sul tema dell’amicizia e della centralità del rapporto personale, che è anche arte della conversazione, si è soffermata la scrittrice Antonia Arslan nel suo appassionato racconto del suo incontro con un’amica filosofa centenaria. I titoli dei capitoli del libro sono bellissimi, ha detto la Arslan: “esprimono la forza del cuore, passione del cuore che vuole capire gli altri, l’infinità varietà degli altri”.
Alle sfide future, soprattutto di una nuova cultura del welfare ha dedicato il suo intervento Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan. “Essere anziani è esperienza di umanità – ha riconosciuto – mentre l’autosufficienza non è umanità ma tentazione di bastare a se stessi”. Ha sostenuto la necessità di un salto di paradigma nelle politiche sociali, parlando di un welfare ‘generativo’, che passa dalla logica del costo a quella dell’investimento.
Nel suo intervento conclusivo, Francesco Tedeschi della Comunità di Sant’Egidio ha spiegato che l’unitarietà del libro sta nel suo essere opera corale: una lettera scritta nel cuore e con il cuore. Ha proposto alla platea sei parole che esprimono la sapienza maturata nei 40 anni di amicizia della Comunità con gli anziani e che sono al contempo una guida alla lettura del libro: l’ascolto, la sensibilità, la pazienza, la memoria, la gratuità e la compagnia.
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